Esattamente tre quarti di secolo fa l’ultima esecuzione capitale in Italia, a Vezzano Ligure in provincia della Spezia. La Costituente decise di eliminare la pena di morte dall’ordinamento penale ordinario, per cui le fucilazioni effettuate terminarono quasi completamente nel 1946 anche se ufficialmente l’abolizione ufficialmente sarebbe entrata in vigore il 1 gennaio 1948. Ci furono soltanto due eccezioni, per i tre responsabili della strage di Villarbasse e per tre fascisti condannati a morte dalla corte d’assise straordinaria della Spezia. E proprio per questi ultimi la pena di morte venne applicata legalmente sul suolo italiano per l’ultima volta, appunto il 5 marzo 1947 al Forte Bastia di Vezzano Ligure. Piccola digressione personale: molte storie di guerra le conosco direttamente dai racconti dei miei nonni, visto che le mie radici sono proprio in questo paese sulle colline che guardano il Golfo dei poeti. Dunque l’ultimo sangue versato per una pena inflitta dallo stato italiano bagnerà la terra di Vezzano Ligure, settantacinque anni fa, circa alle cinque del mattino del 5 marzo 1947. I condannati furono tre fascisti già legati alla Guardia Nazionale Repubblicana (con qualche dubbio sulle qualifiche): Aurelio Gallo, di Udine, capo del “servizio investigativo autonomo” presso la G.N.R. della Spezia; l’ex capitano della G.N.R. e questore ausiliario di La Spezia, Emilio Battisti, di Trento; l’ex maresciallo della G.N.R. Aldo Morelli. I tre erano già stati condannati a morte nel maggio 1946 dalla Corte di Assise locale per collaborazionismo, sevizie e responsabilità nelle deportazioni nei campi di sterminio. L’esecuzione, attuata per fucilazione ad opera dei carabinieri, ebbe una particolarità. Dopo la prima scarica Gallo rimase illeso. Può succedere, anche perché nel rituale delle condanne a morte “moderne” nessuno degli esecutori materiali dovrebbe avere la certezza di aver ucciso; così, nel caso delle fucilazioni, almeno un fucile viene generalmente caricato a salve. Ora, un’altra regola spesso applicata nel codice non scritto delle esecuzioni un po’ di tutto il mondo vuole che se il primo tentativo di messa a morte non va a buon fine il condannato abbia salva la vita. Sembra anche che Gallo lo abbia ricordato al plotone: «Non dovreste più sparare, ma fate come credete». Invano. I tre cadaveri dopo l’esecuzione furono trasportati al cimitero spezzino dei Boschetti. Qui in breve tempo accorse una moltitudine di persone inferocite, che vollero riaprire le loro tombe, in cui già i condannati erano stati collocati, per controllare che i corpi fossero veramente quelli dei tre fascisti. Ma, come spesso accade al termine di periodi di guerra o di terrore, l’assembramento degenerò e la gente radunata infierì sui resti degli odiati gerarchi locali. I tre personaggi condannati erano infatti tristemente famosi alla Spezia per i loro crimini, soprattutto Gallo, sadico torturatore dei partigiani prigionieri nella caserma del ventunesimo reggimento di fanteria (dove anche mio nonno Gerolamo “Ernesto” Portonato venne rinchiuso). Cioè proprio colui che ebbe pure la chance di essere graziato dal plotone di esecuzione al Forte Bastia. Ma c’è chi dice che la dea bendata volle soltanto illuderlo e beffarsi di lui come ulteriore punizione per le sue nefandezze.
“Il Re solo sanziona le leggi e le promulga” (art. 7 st.alb.) e “fa i decreti e regolamenti necessarii per l’esecuzione delle leggi” (art. 6 st.alb.). Il presidente della repubblica “promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti” (art. 87 c. 5 cost.).
“Il Re nomina a tutte le cariche dello Stato” (art. 6 st.alb.). Il presidente della repubblica “nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato” (art. 87 c. 7 cost.).
Il re “comanda tutte le forze di terra e di mare; dichiara la guerra” (art. 5 st.alb.). Il presidente della repubblica “ha il comando delle Forze armate, […] dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere” (art. 87 c. 9).
“Il Re può far grazia e commutare le pene” (art. 8 st.alb.). Il presidente della repubblica “può concedere grazia e commutare le pene” (art. 87 c. 11 cost.).
“Il Re convoca in ogni anno le due Camere: può prorogarne le sessioni, e disciogliere quella dei Deputati” (art. 9 st.alb.). “Ciascuna Camera può essere convocata in via straordinaria per iniziativa […] del Presidente della Repubblica” (art. 62 c. 2 cost.) e “il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse” (art. 88 c. 1 cost.).
“Il Senato è composto di membri nominati a vita dal Re, in numero non limitato” (art. 33 st.alb.). “Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita […]. Il numero complessivo dei senatori in carica nominati dal Presidente della Repubblica non può in alcun caso essere superiore a cinque” (art. 59 c. 2 cost.).
“Il Re, salendo al trono, presta in presenza delle Camere riunite il giuramento di osservare lealmente il presente Statuto” (art. 22 st.alb.). “Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione” (art. 91 cost.).
“Il Re nomina e revoca i suoi Ministri” (art. 62 st.alb.). “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri” (art. 92 c. 2 cost.).
“La Giustizia emana dal Re, ed è amministrata in suo Nome dai Giudici ch’Egli istituisce” (art. 68 st.alb.). Il presidente della repubblica “presiede il Consiglio superiore della magistratura” (art. 87 c. 10 cost.) e “spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati” (art. 105 cost.).
“La persona del Re è sacra ed inviolabile” (art. 4 st.alb.). “Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione” (art. 90 c. 1 cost.).
“Attentato contro il Re […]. Chiunque attenta alla vita, alla incolumità o alla libertà personale del Re […] è punito con la morte. […]” (art. 276 c.p. prae l. n. 1317/1947). “Attentato contro il Presidente della Repubblica. Chiunque attenta alla vita, alla incolumità o alla libertà personale del Presidente della Repubblica, è punito con l’ergastolo” (art. 276 c.p. post l. n. 1317/1947).
“Offesa alla libertà del Re […]. Chiunque, fuori dei casi preveduti dall’ articolo precedente, attenta alla libertà del Re […] è punito con la reclusione da cinque a quindici anni […]” (art. 277 c.p. prae l. n. 1317/1947). “Offesa alla libertà del Presidente della Repubblica. Chiunque, fuori dei casi preveduti dall’articolo precedente, attenta alla libertà del Presidente della Repubblica, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni” (art. 277 c.p. post l. n. 1317/1947).
“Offesa all’onore del Re […]. Chiunque offende l’onore o il prestigio del Re […] è punito con la reclusione da due a sette anni […]” (art. 278 c.p. prae l. n. 1317/1947). “Chiunque offende l’onore o il prestigio del Presidente della Repubblica è punito con la reclusione da uno a cinque anni” (art. 278 c.p. post l. n. 1317/1947).
“Lesa prerogativa della irresponsabilità del Re. Chiunque, pubblicamente, fa risalire al Re […] il biasimo o la responsabilità degli atti del Governo è punito con la reclusione da due a cinque anni” (art. 279 c.p. prae l. n. 1317/1947). “Lesa prerogativa della irresponsabilità del Presidente della Repubblica. Chiunque pubblicamente, fa risalire al Presidente della Repubblica il biasimo o la responsabilità degli atti del Governo è punito con la reclusione fino ad un anno e con la multa da centotrè euro a milletrentadue euro” (art. 279 c.p. post l. n. 1317/1947 e prae abrogazione ex l. n. 85/2006).
“Attentato contro gli organi costituzionali. È punito con la reclusione non inferiore a dieci anni, qualora non si tratti di un più grave delitto, chiunque commette un fatto diretto a impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente: 1) al Re […] l’esercizio della sovranità […]” (art. 289 c.p. prae l. n. 1317/1947). “Attentato contro gli organi costituzionali e contro le Assemblee regionali). È punito con la reclusione non inferiore a dieci anni, qualora non si tratti di un più grave delitto, chiunque commette un fatto diretto a impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente: 1) al Presidente della Repubblica […] l’esercizio delle attribuzioni o delle prerogative conferite dalla legge […]” (art. 289 c.p. post l. n. 1317/1947).